Per un Festival che si è appena concluso in città, un altro sta arrivando a velocità decisamente spedita: dal Radar al Vintage il passo è breve, oltre che per la distanza geografica, anche per quella temporale e per una serie di persone comuni che gravitano attorno queste realtà, anche se a prima vista sembrano accomunate solo dal cognome, Festival appunto.
Ci basta vivere in una ristrettissima fascia chilometrica per godere di tutti questi stimoli, facendoci macinare pensieri ed emozioni e trasportandoci mentalmente in tanti posti diversi. Viaggi low cost, meglio ancora di Ryan Air, in tempo di crisi poi questa è davvero manna dal cielo.
Da un Festival all’altro quindi, dalla musica alla moda, trovando però nel mezzo mille diverse intersezioni: due eventi che rispecchiano lo spirito del nostro tempo e che, diciamolo, sono un grandissimo regalo alla città e a chi ci vive, nonostante il feedback e il consenso dei più vicini molte volte sia davvero difficile da ottenere. E’ stato portato un intero mondo dentro a questi due contenitori, e qui la connotazione geografica diventa a questo punto quasi marginale e gli avverbi di luogo perdono di rilevanza.
Da un parte il neonato Radar Festival, con un programma musicale quasi irreale per qualità del roster, nonostante le difficoltà logistiche e organizzative. Mettere assieme nomi come I’m from Barcelona, Thermals, Washed Out, Yuck (e tanti altri) sembrava pura utopia di questi tempi ma alla fine è stato tutto vero. “Let The Revolution Begin” è stato il payoff del festival e sappiamo che può suonare un tantino pretenzioso come slogan, ma più che nei fatti si puntava a scuotere una clima troppo sonnolento che si affrancasse dall’ordinario mainstream e desse spazio alla musica come lo si fa appunto “altrove“, come se non fossimo a Padova, come se non fossimo in Italia, non per la poca voglia di sentirsi italiani ma per un bisogno sacrosanto di aria un po’ più mondialista.
Quella del Vintage Festival invece, alla sua seconda edizione dopo il successo fragoroso e quasi inaspettato dell’anno passato (con più di 20.000 presenze durante i tre giorni), potrebbe apparire una situazione diammetralmente opposta: per la location, il pubblico e l’offerta generale, fatta di tanti eventi pluridisciplinari accanto a quello che è la tradizionale parte di mostra/mercato. La cosa più divertente è che non si capisce bene quale delle due situazioni predomini, in un affastellarsi di presenze, esperienze e significati, ricchi di condivisione, ricerca, riflessione, un caleidoscopio quanto mai variegato di stili, rivisitazioni e interpretazioni, in un clima straniante dove c’è tanto da osservare e solo da imparare.
Ricordatevi la nostra amata citazione di Lawrence Lessing: “rielaborare la cultura, remixarla, è un modo per apprendere“, è sicuramente uno dei leit motif che accompagnano l’evento e una buona premessa da tenere a mente per chi volesse parteciparvi.
Per chi volesse passare a trovarci, da venerdi siamo qui.
www.vintagefestival.org