Hummersqueal: quando il Messico suona Grunge!

E’ la cosa che più ci piace: ricevere le testimonianze da ogni angolo di questo grande mondo, notare le somiglianze e le diversità, è proprio nella dialettica tra questi due concetti si trova il punto cruciale di tutta la nostra visione. Condividiamo le stesse passioni e le stesse note musicali ma le viviamo in un luogo diverso e in un clima diverso.

Tutto merito della mia cara amica francese Séverine, ora in Messico, che mi ha fatto conoscere gli Hummersqueal°, permettendomi di scambiare quattro chiacchiere con loro, seppure solo online. Vivono a Città del Messico (il chitarrista ha origini siciliane!), hanno un nome tratto da un film russo, una spiccata attitudine grunge americana e i testi in spagnolo che parlano del vissuto quotidiano del loro paese. Sono immersi al 100% nella loro realtà ma hanno la testa rivolta al mondo.

Sono una band della scena indipendente ma con un folto seguito e che partecipano ai più grandi festival alternativi del paese. Chi l’ha detto che il grunge è morto? Forse è solo una storia che ci stanno propinando qui in Europa, ma dall’altra parte dell’oceano sembrano pensarla diversamente. E lì pare proprio che il tanto abusato concetto di musica indie non sia proprio preso in considerazione. Ma cerchiamo di capirne di più…

Messicani o “americanizzati”? Alternativi o mainstream? Un po’ di tutto e un po’ di nulla, sfatiamo i luoghi comuni e andiamo a curiosare tra le sfumature infinite che nascono in mezzo a questi concetti.

Ciao ragazzi, la prima domanda che ci viene in mente è forse la più scontata: il vostro nome da dove arriva?
Un giorno stavamo guardando un film russo in cui un ragazzino indossava una divisa militare sulla quale era scritto “hummersqueal°”. Anche se a dire il vero non ricordiamo il titolo del film, basti pensare che la band è nata ufficialmente 11 anni fa.

Da quali bands siete maggiormente influenzati?
Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden, Foo Fighters, Stone Temple Pilots, solo per citarne qualcuno. Amiamo molto questo genere che mette assieme chitarre potenti e voci melodiche. Viste le citazioni il nostro genere è il grunge, anche se vorremmo andare al di là di queste etichette che a volte sono riduttive.

Cosa significa per voi essere musicisti alternativi in Messico oggi?
Vuol dire fare sforzi e sacrifici perché quello musicale non è un mercato molto sviluppato nel nostro paese. Bisogna lavorare molto e in maniera seria per poter ottenere un buono status e affinché la gente possa avere accesso al nostro prodotto, la musica appunto.

Come siete inquadrati nel mondo della musica e della cultura messicana?
La band appartiene a un circuito indipendente e anche se a livello numerico, anche in relazione alla densità di popolazione della capitale (Mexico City, la capitale, conta 45 milioni di abitanti), rimaniamo in un ambito molto underground e sconosciuto dalla maggioranza delle persone.


In percentuale quanto vi sentite messicani e quanto invece “globalizzati” a livello di produzione musicale?
50 e 50. La produzione di quest’album oltre che il nostro apprezzamento della musica e 50% messicano e 50% mondiale per le influenze internazionali e la collaborazione con artisti di altre nazioni. La metà è messicana in quanto la tematica è nazionale racconta quello che accade qui. Le parole parlano del nostro odo di vivere l’attualità messicana fatta di violenza, corruzione e traffico di droga.

Qual’è stata un’esperienza musicale indimenticabile per voi?
Sicuramente essere stati presenti in tre diverse edizione del festival “El Vive Latino” nel 2007, 2009 e 2011. Forse il ricordo più forte è legato all’edizione 2009 perché durante la nostra presentazione, nonostante un incredibile temporale tutta la gente è rimasta a vedere il nostro spettacolo con un coinvolgimento incredibile. Vedere questa reazione tra la gente ci ha riempito di un’energia così forte da produrre uno show incredibile per intensità e empatia col pubblico nonostante anche nostri strumenti fossero bagnati. la vibrazione e l’emozione di quel giorno è stata ineguagliabile in quanto ci siamo resi conto del potere della musica. In più quel festival ci ha permesso di aver accesso a un pubblico maggiore e sicuramente anche più vario. “El Vive Latino” si svolge ogni anno a Mexico City con una tre giorni dove sono presenti i migliori gruppo rock di tutta l’America Latina.

In che posto vi piacerebbe particolarmente suonare?
Ci piacerebbe avere l’opportunità di esibirci nel resto del Sud America: Argentina, Brasile, Colombia. E in paesi europei, dall’Inghilterra alla Francia e ovviamente in Italia. Pensiamo siano grandi mercati dove potremmo avere la possibilità di arrivare a un pubblico maggiore ed eterogeneo.

Qualche progetto per l’immediato futuro?
Innanzitutto promuovere al meglio il nostro terzo album che si intitola “El último aliento” con il quale gireremo tutto il Messico, torneremo poi anche negli States e qualche paese della America Centrale.

Cosa pensate dei nuovi media e della rivoluzione all’interno dell’industria discografica?
Con i nuovi media è molto più facile per le persone avere accesso alla tua musica ma è anche più difficile differenziarsi dalle altre band viste le tantissime proposte che si possono trovare in rete ogni giorno. Questo porta a cercare. Il cambiamento profondo nel business musicale è semplicemente un’evoluzione del prodotto centrale della musica (il cd) in formati più accessibili alla gente (tutti i formati digitali) e questo nuovo scenario obbliga noi musicisti a cercare nuove forme di distribuzione che siano più redditizie ed efficaci.

Cosa potete immaginare nel futuro della musica?
Il primo cambiamento che stiamo percependo è la veloce estinzione delle case discografiche per come siamo abituati a considerarle oggi, il supporto deo CD ha smesso di rappresentare la fonte di introiti economici principali. Pensiamo che il cambio di formato sia un processo fisiologico, come si è passati dal vinile alla cassetta e dalla cassetta al cd, ora dal cd si passa al formato digitale. Per questo stiamo cercando anche noi di approfittare al meglio di questo nuovo modello di business. Quindi ben venga la distribuzione digitale anche se la concorrenza a livello numerico è elevatissima.

Crediamo che il futuro della musica indipendente in Messico si la creazione di una nuova casa discografiche che conti su un numero ridotto di gruppi per arrivare a una elevata qualità e sviluppo del prodotto. Le case discografiche si concentreranno principalmente sul booking e sulla pubblicità delle bands, non potendo contare su in rientro economico certo sulla vendita de cd o dei formati digitali soprattutto perché in Messico è difficile sopravvivere semplicemente con questo tipo di vendita, proprio per questo assume un’importanza fondamentale la dimensione live. I concerti e le tournée permettono sia alla band che alla casa dei rientri monetari sicuri e in aggiunta con il live si arriva a una connessione/scambio molto più intimo ed ematico tra le bands e i fan, oltre alla facile distribuzione  di tutti gli altri prodotti che i gruppi possono offrire in maniera diretta e senza intermediari.

Il video della canzone “200 años“, durante l’esibizione degli Hummersqueal° nell’ultima edizione di “El Vive Latino” (aprile 2011). In questo brano special guest è Javier Blake, produttore del loro album “El Ultimo Aliento” e membro di un’altra band messicana, i “División Minúscula“.

LA BAND
Adrián López – Batteria
Normand Olea – Basso/Voce
Christian Guijosa – Chitarra/Voce
Salvatore Vitale – Chitarra/Voce

LINK UTILI
www.hummersqueal.com
www.myspace.com/hummersqueal
www.facebook.com/hummersqueal

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